Spesso il genitore fatica
a spiegarsi i bisogni impellenti del figlio di frequentare ogni
giorno i coetanei, di condividere ogni atto, ogni progetto: per
capirli dovrebbe adottare una prospettiva simile a quella del
ragazzo, per cui una discussione che non ha seguito o la scelta di
un’attività cui non ha dato il proprio contributo diventano
momenti irrimediabilmente perduti, carichi di molteplici possibilità
sfumate, dietro cui si concretizza la più schiacciante paura, quella
di sentirsi tagliato fuori.
Lo psichiatra veneziano
Gustavo Pietropolli Charmet afferma che“... un coetaneo che
partecipasse senza appartenere alla vita mentale di gruppo alle
esperienze del gruppo [anche a semplici attività come andare a
ballare o in pizzeria], rischierebbe di non capire assolutamente
nulla di ciò che si sta dicendo o facendo… in quanto non ha
accesso alle informazioni indispensabili per comprendere la trama
affettiva ed il significato simbolico e relazionale degli accadimenti
in corso: non è allacciato alla mente del gruppo, non ne conosce il
codice segreto che è appunto uno degli aspetti più preziosi ed
esclusivi dell’appartenenza alla vita mentale del proprio gruppo di
amici”.
Gli imperativi del momento
sono esserci, partecipare, condividere.
Nuove
relazioni sociali, affettive e sentimentali, dunque, portano il
ragazzo a strutturare un’identità che si rispecchia in quella dei
suoi compagni, per cui sente di appartenere a un’identità
collettiva superiore, che definisce 'Noi', contrapposta a un
indeterminato 'loro' (altri gruppi, con altre prospettive,
obbiettivi ed identità diverse). Questo 'Noi' lo fa sentire contenuto
e protetto, in un delicato momento in cui vuole rinnegare il
contenimento e la protezione offerti finora dalla famiglia.
Per saperne di più:
- G. Pietropolli Charmet,
I nuovi adolescenti, Raffaello Cortina, Milano 2001
- H. Tajfel,
Gruppi umani e categorie sociali, il Mulino, Bologna 1985.
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